Paralimpiadi, l’argento degli arcieri chiude un’edizione da record

set

06

2021
Elisabetta Mijino e Stefano Travisani a Tokyo 2020
Elisabetta Mijino e Stefano Travisani a Tokyo 2020

 

Sono gli arcieri d’argento, Elisabetta Mijino e Stefano Travisani, gli ultimi atleti delle Fiamme Azzurre a salire sul podio paralimpico, battuti dalla coppia russa Sidorenko-Smirnov solo alla seconda freccia di spareggio della finale dell’arco olimpico “Mixed Team”.

I numeri dicono molto, ma non tutto. I Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 – che si erano aperti con le ambizioni e le speranze di una spedizione che mai era stata così consistente, 16 atleti – si chiudono per le Fiamme Azzurre con un bottino mai così ricco: 21 medaglie, 3 ori, 9 argenti e 9 bronzi.

Quantità e qualità, perché i nostri atleti sono arrivati sul podio in cinque delle sei discipline che li vedevano impegnati : nuoto, triathlon, equitazione, atletica leggera e tiro con l’arco. La medaglia è sfuggita solo nella scherma, al fiorettista Matteo Betti, che alla quarta Paralimpiade della sua carriera ha concluso quarto nella prova individuale e quinto nella competizione a squadre.

Per il resto, tutte medaglie significative e anche dal valore storico: come i due bronzi di Sara Morganti nel paradressage – primi allori di un’amazzone italiana ai Giochi Paralimpici – o come il doppio argento di Anna Barbaro, primo podio per un’atleta non vedente nel paratriathlon, con la sua “guida” Charlotte Bonin (la portacolori della Polizia Penitenziaria che aveva partecipato a due edizioni del triathlon olimpico, a Pechino 2008 e a Rio 2016).

La parte del leone l’ha fatta il nuoto, dove per la prima volta eravamo presenti con una pattuglia di cinque atleti. Giulia Terzi e Xenia Palazzo sono state tra le superstar dell’intera spedizione paralimpica: la prima ha portato a casa cinque medaglie nella classe S7 (2 ori, 2 argenti e 1 bronzo) mentre la seconda ha chiuso con quattro podi nella classe S8 (1 oro, 1 argento e 2 bronzi). Ragguardevole la prova complessiva di Simone Ciulli, sfortunato nelle gare individuali, ma argento con la staffetta 4x100m stile libero maschile con 34 punti di disabilità in totale.

Arianna Talamona e il portabandiera azzurro Federico Morlacchi, hanno subito lo stesso destino del canottiere Bruno Rosetti, che a Tokyo non ha disputato la finale olimpica del “quattro senza” per positività al Covid-19, dopo aver gareggiato in batteria, ricevendo il bronzo a casa. Anche Arianna e Federico hanno infatti contribuito, con le prestazioni della batteria, alla successiva conquista delle medaglie da parte delle staffette azzurre della classe 34 punti di disabilità (argento nella 4x100m stile libero femminile e bronzo nella 4x100m mista maschile). Entrambi i riconoscimenti appartengono anche ai nostri nuotatori, per il ruolo avuto nella qualificazione alla finale.

Il medagliere finale del Gruppo Sportivo della Polizia Penitenziaria è stato completato dai bronzi del lanciatore non vedente Oney Tapia, terzo nel getto del peso e nel lancio del disco (F11) e dallo stesso metallo messo in valigia da Giovanni Achenza nel paratriathlon per atleti in carrozzina (PTCW). Entrambi sono alla seconda edizione paralimpica conclusa sul podio.

Senza medaglie, come lo schermidore Betti, ma con la consapevolezza di aver onorato al meglio la loro partecipazione paralimpica, vanno citati Eleonora Sarti (arco compound open) e i due specialisti dell’atletica leggera Alessandro Ossola (100m T63) e Marco Cicchetti (salto in lungo T64).